È un tempo fatto di fumo dicembre, tante luci la notte mentre il cielo si fa nero e ogni pensiero sembra perdersi dentro la luna. Freddo che solo il Natale può scaldare con la sua voglia di mancanze e di esprimere desideri. Mi ritrovo a scrivere per capire i miei pensieri, sembra avere senso adesso che leggo così continuo a far scorrere il pollice sul telefono e con gli occhi voglio guardare fuori ma non li stacco dallo schermo, piove lo sento dal rumore delle auto che schiacciano l’acqua, piove lo sento dall’odore di terra bagnata sopra il mio balcone, piove lo sento soprattutto dentro me che stendo frasi per asciugare questo tempo ipnotico e ridondante che mi costringe qui dentro. Il ginocchio scrocchia ancora, la fronte sudaticcia, qualche brufolo sul naso, le occhiaie nere, un quadro pallido come l’aria, mi guarda in attesa di qualcosa e anch’io lo guardo così ma nessuno dei due si sforza e la pioggia fuori intervalla cascate di fili argento. Quando siamo in silenzio la disabilità si siede in mezzo a noi per mettermi in imbarazzo, vuole stare al centro dell’attenzione così ingombrante, stonata, bella; bella come la goccia di saliva che scende dal tuo labbro semiaperto, vuole che parlo di lei e mi spaventa.
La disabilità è muta ma ha due occhi grandi la disabilità ha la forma di un cerchio e spesso diventa un mirino, un monocolo, poi caleidoscopio, la disabilità è come il mese di dicembre: buio con luci artificiali, freddo.
Così freddo che solo l’amore di una mamma può scaldare.
